Indice degli argomenti
1. Il racconto
Nel racconto di Edgar Allan Poe, The Tell-Tale Heart1 scritto nel 1843 e pubblicato per la prima volta dal periodico «Pioneer» di James Russell Lowell nello stesso anno, il narratore senza nome racconta, a metà tra monologo e dialogo con destinatari non ben identificati2, la sua vicenda di persona ossessiona. dall’Occhio Maligno dell’uomo con cui vive e, nonostante dichiari di amarlo e di non avere risentimenti nei suoi confronti, decide di ucciderlo per liberarsi per sempre dalla persecuzione di quell’occhio di avvoltoio:
Object there was none. Passion there was none. I loved the old man. He had never wronged me. He had never given me insult. For his gold I had no desire. I think it was his eye! — yes, it was this! He had the eye of a vulture — a pale blue eye, with a film over it. Whenever it fell upon me, my blood ran cold; and so, by degrees — very gradually — I made up my mind to take the life of the old man, and thus rid myself of the eye forever.
Una volta commesso il delitto, il narratore, di fronte agli ufficiali di polizia giunti sul posto per indagare su un urlo sentito nella notte, inizia a sentire un suono insistente, crescente, che sembra dapprima provenire dalla sua testa, per poi diventare più distinto finché il narratore capisce che erro è eterno:
My head ached, and I fancied a ringing in my ears: but still they sat and still chatted. The ringing became more distinct: I talked more freely, to get rid of the feeling; but it continued and gained definiteness — until, at length, I found that the noise was not within my ears.
L’insopportabile suono, che si scopre provenire dal cuore del defunto, e che sembra accusarlo apertamente, porterà il narratore a confessare il suo delitto (I admit the deed! — tear up the planks! — here, here! — it is the beating of his hideous heart!). Questi, in breve, i fatti raccontati, ma l’affascinante struttura narrativa in forma di monologo da parte di una persona affetta da un disturbo non ben specificato e l’estrema povertà di informazioni e dettagli sulle vicende e sui personaggi, danno spazio a numerose possibilità interpretative e critiche.
Diversi studiosi si sono confrontati con il racconto analizzandone i temi e i simboli principali, quali quelli del tempo, del doppio, della follia, del sesso, della morte, della colpa, dell’occhio3, la sua struttura e la tecnica narrativa4. In questa sede non si opererà una critica del racconto poiché lo scopo di questo lavoro è quello di analizzare le scelte linguistiche e stilistiche di Poe e ragionare su questioni traduttive.
L’elemento più interessante in questa prospettiva è la quasi totale mancanza di informazioni sul narratore che racconta gli eventi in prima persona con una tecnica narrativa che anticipa il flusso di coscienza. Dalle parole, scelte da Poe in modo molto accurato, capiamo soltanto che il narratore soffre di una non specificata forma di patologia (The disease had sharpened my senses — not destroyed — not dulled them. Above all was the sense of hearing acute.), che vive con l’uomo che poi ucciderà e che quest’uomo gli è caro, ma non abbiamo indicazioni né sull’esatta natura della relazione tra i due né sul sesso del narratore. La scelta della prima persona e di elementi lessicali legati al narratore e non facilmente collocabili in un genere maschile o femminile, rendono il testo ambiguo e di conseguenza non facilmente traducibile nella lingua italiana che classifica in modo netto il sistema nominale (sostantivi e aggettivi) e concordanze verbali nei generi grammaticali maschile e femminile. In assenza di termini chiari riferibili al sesso del narratore nel testo di partenza, la difficoltà per il traduttore sta nel rendere tale ambiguità nella lingua di arrivo e gli ostacoli nel racconto si presentano fin dall’incipit: “TRUE! — nervous — very, very dreadfully nervous I had been, and am; but why will you say that I am mad?”. In questo caso, lo scoglio si presenta non solo per la traduzione di aggettivi quali “nervous” e “mad”, ma anche per la costruzione verbale con il trapassato prossimo (I had been), che in italiano vuole l’accordo del participio passato con il soggetto (“ero stato?”, “ero stata?”).
A questo proposito, ci si interrogherà sulle decisioni prese da alcuni dei numerosissimi traduttori del racconto di Poe negli anni, in particolare sui due lavori più celebri ed apprezzati ad opera di Elio Vittorini nel 1961 e Giorgio Manganelli nel 19835 in cui il narratore è identificato come appartenente al sesso maschile.
2. La natura dell’ambiguità e delle scelte traduttive
Qual è il motivo per il quale tutti i traduttori del racconto hanno identificato il narratore come uomo? Probabilmente perché i narratori dei racconti di Poe sono sempre uomini e soprattutto perché di solito le donne dei racconti di Poe hanno delle caratteristiche ben definite che non sembrano coniugarsi con la figura di chi narra The Tell-Tale Heart. In particolare, diversi critici6 hanno riflettuto sul concetto di “oggettivizzazione” della donna nei racconti di Poe; ad esempio, Gutierrez-Zamano, riferendosi ai racconti Berenice e A Discent into the Maesltrom, afferma “both women lack self-determination and agency […] both women are inert because their movements lack a direct, inherent quality; their momentum and activity always are related second-hand by a primary male persona”7. Le donne di Poe sono spesso ridotte allo stato di oggetti, sono prive di autonomie o soggettività ed esistono per essere usate, e spesso violate o offese dagli uomini8.
Dunque, considerate queste premesse, credere che il narratore sia un uomo è comprensibile. Inoltre, nel testo si fa riferimento alla forza fisica dell’omicida che, dopo il delitto, smembra il cadavere del vecchio. Ma anche una donna potrebbe essere in grado di smembrare un corpo. Anzi, lo smembramento del cadavere potrebbe suggerire che la persona non fosse in grado di trascinare il corpo perché troppo pesante. Il modo in cui avviene l’omicidio, inoltre, può essere un altro segnale che corroborerebbe l’ipotesi della donna9, in quanto un uomo probabilmente avrebbe preferito una lotta corpo a corpo; il vecchio, invece, viene ucciso dal peso del letto rovesciato su di lui, senza contatto fisico, un modo alquanto rischioso e non propriamente “maschile” di compiere un delitto.
Passando a considerazioni più prettamente linguistiche si è andati alla ricerca di parole rivelatrici che potessero fornire elementi sul sesso del narratore. L’unico riferimento al maschile è l’uso del sostantivo “madman” (usato due volte nel testo, una al plurale e una al singolare), ma l’uso di “man” in posizione di prefisso, suffisso o anche da solo, è spesso associato ad entrambi i sessi perché “gender neutral” come negli esempi “all men are created equal”, “mankind”, “manhunt”, “madman”, “chairman”, ecc. Questo è vero soprattutto ai tempi di Poe, in cui “man” era ancora usato, nelle formazioni generiche, come sinonimo di “person”10. Inoltre, proseguendo nella lettura del racconto, ci si imbatte in parole e situazioni comunicative che farebbero pensare al narratore come donna come nel seguente estratto: “The officers were satisfied. My manner had convinced them. I was singulalry at ease. They sat, and while I answered cheerly, they chatted of familiar things”, in cui il colloquio tra gli ufficiali e il narratore lascerebbe pensare a un gruppo di uomini che intrattiene una donna (“they chatted of familiar things”) poiché l’atteggiamento e le maniere nei confronti di un testimone uomo sarebbero stati probabilmente diversi. Anche la scelta di parole come “cheerly” potrebbe indicare un confronto tra uomini e donne.
Naturalmente, le precedenti sono solo supposizioni non confortate da fonti certe, ma ciò che invece sembra inequivocabile è l’intenzione dell’autore di non voler fornire elementi certi sul sesso del narratore e tale ambiguità dovrebbe essere rispettata in traduzione come suggerisce Eco quando, illustrando quattro possibili fonti di “ambiguità” in traduzione, afferma: “il quarto caso si dà quando l’autore (e il testo) volevano rimanere ambigui, proprio per suscitare un’interpretazione oscillante tra due alternative. In questi casi ritengo che il traduttore debba riconoscere e rispettare l’ambiguità, e se chiarisce fa male11.
3. Edgar Allan Poe, Elio Vittorini e Giorgio Manganelli
Come già anticipato, Elio Vittorini e Giorgio Manganelli hanno scelto di non rispettare l’ambiguità di genere e hanno considerato il narratore come uomo, probabilmente per le ragioni esposte nel paragrafo precedente.
Di seguito si riportano alcuni passi del testo di partenza e delle due traduzioni in cui il narratore viene identificato inequivocabilmente come uomo.
Poe
“TRUE! – nervous – very, very dreadfully nervous I had been and am; but why will you say that I am mad?”
Vittorini
“Questo è vero, sono un uomo nervoso, spaventosamente nervoso, e lo sono sempre stato; ma perché pretendete che sono pazzo?”
Manganelli
“Sì, è vero! Sono stato sempre, sono tuttora, nervoso, straordinariamente nervoso, ma perché mai mi volete pazzo?”
Poe
“Now this is the point. You fancy me mad. Madmen know nothing.”
Vittorini
“Ecco il punto! Voi mi credete pazzo. E i pazzi non sanno quello che fanno.”
Manganelli
“Eccoci al punto. Voi avete questa fantasia, che io sia pazzo. I pazzi non sanno quello che fanno.”
Poe
“I was never kinder to the old man that during the whole week before I killed him.”
Vittorini
“Mai ero stato tanto gentile col vecchio come durante la settimana che precedette l’assassinio.”
Manganelli
“Con quel vecchio mai fui più affettuoso che nella settimana che precedette l’assassinio.”
Poe
“I kept quite still and said nothing.”
Vittorini
“Rimasi fermo in immobilità assoluta e non dissi nulla.”
Manganelli
“Mi tenni fermo, tacito.”
Poe
“I have told you that I am nervous: so I am.”
Vittorini
“Vi ho detto ch’ero un uomo nervoso; e lo sono in effetti.”
Manganelli
“Ve l’ho detto, sono nervoso. È così.”
Poe
“If still you think me mad.”
Vittorini
“Se persistete a credermi pazzo.”
Manganelli
“Se pensate ancora che io sia pazzo.”
Poe
“I had been to wary for that.”
Vittorini
“Ero stato ben accorto.”
Manganelli
“Io ero ben circospetto.”
Poe
“The shriek, I said, was my own in a dream.”
Vittorini
“Il grido, dissi, me l’ero lasciato sfuggire io, sognando.”
Manganelli
“Io stesso, dissi, avevo gridato nel sonno.”
Poe
“I showed them his treasures, secure, undisturbed. In the enthusiasm of my confidence, I brought chairs into the room, and desired them here to rest from their fatigues, while I myself, in the wild audacity of my perfect triumph.”
Vittorini
“Mostrai loro i suoi tesori, perfettamente in ordine, in salvo12. Nell’entusiasmo della mia sicurezza presi delle seggiole e li pregai di riposarsi. Io, con la folle audacia del trionfo assoluto.”
Manganelli
“Pacato, senza turbamenti, mostrai i suoi tesori. Sicuro fino alla tracotanza, in quella stanza portai sedie, e proposi che lì appunto si riposassero dalle loro fatiche, mentre io, reso audace fino all’insolenza dal mio meticoloso trionfo.”
Poe
“No doubt I now grew very pale.”
Vittorini
“Allora mi feci certo pallidissimo.”
Manganelli
“Non v’è dubbio che io mi facessi pallido, molto pallido.”
Poe
“I swung the chair on which I had been sitting.”
Vittorini
“Smuovevo la seggiola sulla quale stavo seduto.”
Manganelli
“Smossi la sedia su cui stavo seduto.”
Prima di passare alla proposta di traduzione, vorrei soffermarmi su alcune scelte stilistiche dei traduttori. In diversi casi, Vittorini e Manganelli sostituiscono il ritmo serrato delle frasi brevi di Poe con formulazioni più ampie e più tipiche dell’italiano, scelgono di non rendere le ripetizioni ossessive, le esclamazioni, il corsivo né l’uso continuo del trattino che nel racconto ha il chiaro scopo di mettere in evidenza e porre in primo piano gli incisi. La tecnica di scrittura di Poe in questo racconto vuole riflettere la psicologia del personaggio13, quindi il tono urgente, il passo frenetico, i frequenti passaggi dalla nevrosi alla calma apparente, segnalati dalla punteggiatura e dal corsivo, vanno proposti così come Poe li ha presentati14.
L’incipit del racconto mostra chiaramente come il ritmo incalzante del testo di partenza sia stato profondamente modificato da Manganelli che sceglie di eliminare tutti gli incisi usando le virgole e non i trattini, e che decide di ignorare la funzione importante dell’aggettivo iniziale (“TRUE!”) che Poe inserisce da solo e in maiuscolo con l’intento di far iniziare il racconto del narratore con una sorta di “esplosione”, di urlo.
TRUE! — nervous — very, very dreadfully nervous I had been, and am; but why will you say that I am mad? The disease had sharpened my senses — not destroyed — not dulled them. Above all was the sense of hearing acute. I heard all things in the heaven and in the earth. I heard many things in hell. How, then, am I mad? Harken! and observe how healthily — how calmly I can tell you the whole story.
Sì, è vero! Sono stato sempre, sono tuttora, nervoso, straordinariamente nervoso; ma perché mai mi volete pazzo? Il male ha acuito i miei senso, non già disfatti, né ottusi. Più d’ogni altro acutissimo era il senso dell’udito. Tutto ciò che accadeva in cielo ed in terra, io l’udivo, e molto di ciò che accadeva nell’inferno. Perché mai, dunque, sarei folle? Ascoltate! E badate con quanta lucidità, quanta calma io sia in grado di narrarvi tutta la storia.
Un altro esempio è il seguente: “[…] and every night, about midnight, I turned the latch of his door and opened it — oh so gently!” In questo caso Poe utilizza parole semplici, di uso comune, ma nella traduzione di Manganelli leggiamo: “Ed ogni notte, verso la mezzanotte, ruotavo il nottolino della sua porta e l’aprivo – oh così pianamente!”. Le scelte lessicali di Manganelli (“ruotavo”, “nottolino”, “pianamente”) rivelano uno stile più arcaico e letterario rispetto a quello di Poe.
Passando alla traduzione di Vittorini, si propone il seguente estratto:
His room was as black as pitch with the thick darkness, (for the shutters were close fastened, through fear of robbers,) and so I knew that he could not see the opening of the door, and I kept on pushing it steadily, steadily.
Nella camera c’era nero di pece, tanto il buio era fitto, perché, per timore dei ladri, le imposte venivano chiuse con molta cura, e io che sapevo com’egli non avrebbe potuto scorgere il varco della porta, continuai a spingere questa, sempre più e più.
In questo caso la formulazione di Vittorini appare poco scorrevole e confusa rispetto all’originale che invece mostra uno stile più informale e una sintassi semplice e fluida.
4. Nota introduttiva e proposta di traduzione
Nonostante sia impossibile dichiarare con certezza il sesso del narratore perché solo Poe potrebbe svelarlo, va ribadito che qui egli nasconde di proposito qualsiasi dettaglio in merito e, come già sostenuto in precedenza, la traduzione dovrebbe rispettare la volontà e le intenzioni dell’autore, cercando di proporre un testo di arrivo che non mostri riferimenti espliciti a un narratore di sesso maschile o femminile. È possibile lasciare inalterata l’ambiguità senza modificare profondamente il racconto? A questa domanda si tenterà di rispondere con la proposta di una nuova traduzione in cui si è cercato di rispettare le frasi brevi, spezzate, le ripetizioni ossessive, la suspense fino al climax finale che “raccontano” l’esasperazione e l’ossessione che scaturiscono dalla mente del narratore e che devono essere avvertiti e vissuti dal lettore. In particolare, come più su detto, ciò che dà un ritmo spasmodico al racconto e che di conseguenza si è tentato di preservare, sono le ripetizioni ossessive, l’uso del corsivo per segnalare i momenti in cui il narratore sembra urlare più che raccontare, la punteggiatura ricca di trattini e punti esclamativi, aspetti da cui non si può prescindere nonostante i dubbi in proposito espressi da Manganelli che, nella nota del traduttore, per giustificare alcune sue scelte traduttive, sostiene che “l’inglese tollera ripetizioni, meno accette all’italiano”15.
Il cuore accusatore
VERO! Ero una persona nervosa – estremamente, tremendamente nervosa – e lo sono ancora; ma perché dovete dire che sono folle? La malattia ha affinato i miei sensi – non li ha distrutti – non li ha intorpiditi. Particolarmente acuto era il senso dell’udito. Sentivo tutto, in cielo e in terra. Sentivo molte cose dall’inferno. Quindi, com’è possibile che io sia folle? Ascoltate attentamente! E osservate con quale lucidità – con quale calma, sono in grado di raccontarvi l’intera storia.
È impossibile dire come l’idea si sia insinuata nel mio cervello, ma una volta concepita, è diventata un’ossessione, di giorno e di notte. Non c’era uno scopo. Non c’era un interesse. Amavo il vecchio. Non mi aveva mai fatto torti. Né mi aveva fatto affronti. Non desideravo la sua ricchezza. Credo fosse il suo occhio! sì, era quello! Uno dei suoi occhi ricordava quello di un avvoltoio – un occhio azzurro pallido ricoperto da una pellicola. Ogni volta che si posava su di me mi sentivo gelare il sangue; e così, un po’ alla volta – per gradi – decisi di prendere la vita del vecchio liberandomi così per sempre dall’occhio.
Allora, il punto è questo. Mi credete folle. I folli non sanno quello che fanno. Ma avreste dovuto vedermi. Avreste dovuto vedere con quanta saggezza ho agito – con quanta cautela – con quanta prudenza – con quanta ipocrisia mi misi al lavoro! Non fu mai così gentile nei confronti del vecchio come nell’intera settimana precedente all’omicidio. E ogni notte, verso mezzanotte, toglievo il chiavistello alla sua porta e l’aprivo – oh in modo così delicato! E poi, quando l’apertura era sufficiente per la mia testa, introducevo la lanterna cieca, tutta schermata, schermata, in modo che nessuna luce filtrasse e poi infilavo la testa. Oh, avreste riso nel vedere con quale abilità infilassi la testa! La muovevo lentamente – molto, molto lentamente in modo da non disturbare il sonno del vecchio. Mi ci voleva un’ora per mettere l’intera testa nell’apertura in modo da vederlo mentre giaceva nel letto. Ah! Una persona folle sarebbe stata così saggia? E poi, quando la testa era ben dentro la stanza, scoprivo la lanterna in modo cauto – oh, talmente cauto – cauto (perché i perni cigolavano) – la scoprivo quel tanto da far cadere un unico sottile raggio sull’occhio da avvoltoio. E feci questo per sette lunghe notti – ogni notte, a mezzanotte in punto – ma trovavo l’occhio sempre chiuso; e dunque era impossibile portare a termine il lavoro; poiché non era il vecchio che mi infastidiva, ma il suo Occhio Maligno. E ogni mattina, al levarsi del giorno, entravo audacemente nella camera e gli parlavo in modo coraggioso, chiamandolo per nome con tono cordiale, chiedendogli come avesse trascorso la notte. Quindi, vedete, doveva essere un vecchio molto perspicace, davvero, per sospettare che ogni notte, esattamente alle dodici, io lo guardassi mentre dormiva.
L’ottava notte fui ancora più prudente del solito nell’aprire la porta. La lancetta dei minuti di un orologio si muoveva più velocemente di quanto si muovesse la mia mano. Mai prima di quella notte avevo avvertito la portata delle mie capacità – della mia scaltrezza. Riuscii a stento a contenere la mia sensazione di trionfo. Pensare che ero lì ad aprire la porta poco a poco e che lui non immaginava neanche lontanamente quali fossero i miei propositi e i miei pensieri. Sogghignai giustamente all’idea; e forse mi sentì; poiché si mosse improvvisamente nel letto, come allarmato. Ora, potreste pensare che io mi ritrassi – ma no. La sua stanza era nera come la pece per la spessa oscurità (perché le imposte erano ben serrate per paura dei ladri), e dunque sapevo che lui non avrebbe potuto vedere la porta aprirsi e continuai a spingerla senza sosta, senza sosta.
La mia testa era dentro ed ero sul punto di aprire la lanterna quando il pollice scivolò sul gancio di stagno e il vecchio saltò su dal letto urlando – “Chi è là?”.
Rimasi completamente immobile e non dissi niente. Per un’ora intera non mossi un muscolo e nel frattempo non lo sentii stendersi. Era ancora seduto sul letto, in ascolto; – proprio come avevo fatto io, notte dopo notte, rimanendo ad ascoltare gli orologi della morte nei muri.
Di lì a poco udii un debole gemito e sapevo che era il gemito del terrore estremo. Non era un gemito di dolore o di angoscia – oh no! – era il suono soffocato che nasce dal profondo dell’anima quando essa è appesantita dalla paura. Conoscevo bene quel suono. Per molte notti, proprio a mezzanotte, quando tutti dormivano, esso sgorgava dal mio stesso petto, accrescendo, con la sua spaventosa eco, i terrori che mi turbavano. Vi dico che lo conoscevo bene. Sapevo cosa provava il vecchio e, sebbene nel mio profondo sogghignassi, provai compassione per lui. Sapevo che era rimasto sveglio fin dal primo lieve rumore, quando si era rigirato nel letto. Da allora le paure si erano accresciute dentro di lui. Aveva tentato di considerarle immotivate, ma non ci era riuscito. Aveva continuato a ripetersi – “Non è altro che il vento nel camino – è solo un topo che attraversa il pavimento”, oppure “è soltanto un grillo che ha fatto un unico stridio”. Sì, ha tentato di consolarsi con queste supposizioni; ma invano. Tutto invano; perché la Morte, nell’avvicinarsi, se era precipitata davanti a lui con la sua ombra nera e aveva avviluppato la vittima. E fu l’influsso funebre dell’ombra non vista che gli fece avvertire – sebbene non avesse né visto né sentito – avvertire la presenza della mia testa nella stanza.
Dopo aver aspettato a lungo, molto pazientemente, senza che lo sentissi stendersi, mi decisi ad aprire una piccola – piccolissima – fessura della lanterna. Così l’aprii – non potete immaginare quanto furtivamente, furtivamente – finché, alla fine, un solo fioco raggio, come il filo di un ragno, partì dalla fessura e cadde sull’occhio di avvoltoio.
Era aperto – spalancato – e la mia furia montò mentre lo guardavo. Lo vedevo con assoluta chiarezza – tutto di un azzurro opaco, con un orribile velo sopra che mi fece gelare fin nel midollo; ma non riuscivo a vedere nient’altro del volto o del corpo del vecchio poiché avevo diretto il raggio, come per istinto, proprio sul punto maledetto.
E allora, non vi ho detto che ciò che scambiate per pazzia non è altro che un’estrema acutezza dei sensi? Ora, vedete, giunse alle mie orecchie un suono basso, debole, veloce come quello di un orologio avvolto nel cotone. Anche quel suono conoscevo bene. Era il battito del cuore del vecchio. Accrebbe la mia furia come il rullo di un tamburo spinge il soldato al coraggio.
Ma anche allora mi trattenni e rimasi immobile. Respiravo appena. Tenni ferma la lanterna. Sperimentai quanto saldamente riuscissi a mantenere il raggio sull’occhio. Nel frattempo, l’infernale rullo del cuore aumentava. A ogni istante diventava sempre più veloce e sempre più forte. Il terrore del vecchio doveva essere estremo! Divenne più forte, vi dico, più forte ogni secondo! – State facendo attenzione? Vi ho detto che ho crisi nervose: sì, è vero. E allora, nel cuore della notte, nel silenzio spaventoso di quella casa, un rumore strano come quello mi provocò un terrore incontrollabile. Tuttavia, mi trattenni e stetti immobile ancora per qualche minuto. Ma il rullo diventava più forte, più forte! Pensai che il cuore stesse per scoppiare. E poi, una nuova ansia mi prese, il suono poteva essere sentito da un vicino! Era arrivata l’ora del vecchio! Con un urlo aprii del tutto la lanterna e mi lanciai nella stanza. Strillò una volta – solo una volta. In un attimo lo trascinai a terra e gli tirai sopra il pesante letto. Sorrisi allegramente nel vedere l’opera fin qui portata a termine. Ma, per molti minuti, il cuore continuò a battere con un suono smorzato. Questo, comunque, non mi irritò; non poteva essere udito attraverso il muro. Alla fine cessò. Il vecchio era morto. Spostai il letto ed esaminai il cadavere. Sì, era morto, morto stecchito. Gli misi la mano sul cuore e la tenni lì per diversi minuti. Non c’era battito. Era morto stecchito. Il suo occhio non mi avrebbe più tormentato.
Se pensate ancora che io sia folle, non lo crederete più quando vi descriverò le sagge precauzioni che presi per l’occultamento del corpo. La notte stava per finire e lavorai in fretta, ma in silenzio. Prima di tutto smembrai il cadavere. Gli mozzai la testa e le braccia e le gambe.
Divelsi poi tre tavole dall’assito della camera e deposi tutto tra i travicelli. Rimisi poi a posto le assi in modo così abile, così astuto che nessun occhio umano – neanche il suo – avrebbe potuto capire che qualcosa non andava. Non c’era niente da lavare – macchie di nessun tipo – nessuna chiazza di sangue. La mia abilità era stata troppo grande perché potesse accadere. Una tinozza aveva raccolto tutto – ah ah.
Quando misi fine a questi lavori erano le quattro – ancora buio come a mezzanotte. Al rintocco della campana ci furono sei colpi al portone. Scesi ad aprirlo a cuor leggero – poiché cosa avevo da temere ora? Entrarono tre uomini che si presentarono, con perfetto garbo, come ufficiali di polizia. Un urlo era stato sentito da un vicino durante la notte; si era destato il sospetto di un delitto; l’informazione era stata presentata alla stazione di polizia e loro (gli ufficiali) erano stati incaricati di ispezionare gli stabili.
Sorrisi – cosa avevo da temere ormai? Diedi il benvenuto ai signori. Dissi che l’urlo era mio, causato da un sogno. Il vecchio, riferii, era fuori in campagna. Accompagnai i visitatori per tutta la casa. Li invitai a cercare – cercare bene. Li portai, infine, nella sua camera. Gli mostrai i suoi tesori, con tranquillità, con calma. Nell’entusiasmo della mia sicurezza, potrai delle sedie nella stanza e li invitai a riposarsi dalle loro fatiche proprio lì mentre io, nell’audacia esaltata del mio trionfo completo, piazzai la mia sedia proprio sul punto sotto il quale giaceva il cadavere della vittima.
Gli ufficiali furono soddisfatti. I miei modi li avevano convinti. Mi sentivo particolarmente a mio agio. Si sedettero e, mentre io rispondevo allegramente, essi chiacchieravano di argomenti familiari. Ma presto mi sentii impallidire e desiderai che se ne andassero. La testa mi faceva male e credetti di sentire un tintinnio nelle orecchie; ma continuavano a stare seduti e a chiacchierare. Il tintinnio divenne più distinto: – continuava e diventava più distinto; parlai in modo più spontaneo per sbarazzarmi di quella sensazione; ma continuava e diventava più definito – finché, alla fine, scoprii che il rumore non era nelle mie orecchie.
Di certo ora impallidii molto; ma parlavo più velocemente e a voce alta. Tuttavia il rintocco aumentava – e cosa potevo fare? Era un rintocco basso, debole, veloce – come quello di un orologio avvolto nel cotone. Respiravo con difficoltà – e tuttavia gli ufficiali non lo sentivano. Parlai in modo più veloce – più impetuoso; ma il rintocco aumentava senza sosta. Mi alzai e parlai di sciocchezze con tono di voce più alto e gesticolando in modo aggressivo, ma il rintocco non faceva altro che aumentare. Perché non volevano andarsene? Andavo avanti e indietro sul pavimento con passi pesanti come se l’esame degli uomini mi spingesse alla furia – ma il rintocco aumentava senza sosta. Oh Dio! Cosa potevo fare? Schiumavo – deliravo – imprecavo! Spostai la sedia sulla quale sedevo e presi a farla stridere sulle assi, ma il ticchettio sovrastava tutto e aumentava di continuo. Divenne più forte – più forte – più forte! E tuttavia gli uomini continuavano a chiacchierare amabilmente e sorridevano. È possibile che non sentissero? Dio Onnipotente! – No, no! – sentivano! – sospettavano! sapevano! – si facevano benne del mio orrore! – Questo pensai e questo penso. Ma qualsiasi cosa era preferibile a quell’agonia! Qualsiasi cosa era più tollerabile di quella derisione! Non potevo più sopportare quei sorrisi ipocriti! Sentivo che dovevo urlare o morire! – E ora – ancora! – ascoltate! Più forte! più forte! più forte!
“Farabutti!”, urlai, “non fingete più! confesso il fatto! – staccate le assi! – qui, qui! – È il battito del suo cuore orrendo!”.
Note
1 E.A. Poe, The Best of Poe. The Tell-Tale Heart, The Raven, The Cask of Amontillado, and 30 Others, Clayton: Prestwick House Literary Touchstone Classics, 2006, pp. 81-85. Gli estratti dal racconto qui presentati si riferiscono a questa edizione e saranno seguiti dal solo numero di pagina tra parentesi.
2 Poe non chiarisce in quale situazione comunicativa avvenga il racconto del narratore; d’abitudine la si è sempre considerata una narrazione-confessione, anche se alcuni studiosi sostengono che il narratore qui si comporti piuttosto come un oratore che tenti di convincere un pubblico a comprendere le sue ragioni e a sposare la sua causa. La narrazione-confessione, dunque, potrebbe essere invece una difesa (in un’aula di tribunale o semplicemente un resoconto ai compagni di cella) e si presterebbe ad essere interpretata come “aspecimen of courtroom oratory. The Tell-Tale Heartd displays several parts of the classical speech: it begins, as it should, with an exordium or proemium (introduction) which we might consider the first two paragraphs. Part of the introductory material is the narration, a brief, clear statement of the case; the narrator knows that this is a principal component of forensic oratory. Speeches, however, do not always use or need every part of the classical division, and Poe’s narrator omits a partition. He then combines the standards fourth and fifth sections – the confirmatio (one’s strongest positive arguments) and confutatio (refutation of contrary viewpoints); these make up the bulk of the tale and are anticipated in the opening two paragraphs. It is telling that this speech lacks the final part of the classical oration, the peroratio (conclusion). Had the narrator been able to retain his initial tranquillity, he might have been able to produce some closing remarks, but by the end of the speech his forensic powers have degenerated into complete and utter frenzy.” (B. Zimmermann, Edgar Allan Poe. Rhetoric and Style, Montreal/Kingston/London/Ithaca: Queen’s University Press, 2005, p. 35).
3 Tra i lavori più rappresentativi dedicati interamente o in parte all’analisi del racconto di Poe, si segnalano S.C. Bloomfield, The Everything Guide to Edgar Allan Poe, Avon: Adams Media, 2007, pp. 204-208; J.W. Gargano, “The Theme of Time in The Tell-Tale Heart“, «Studies in Short Fiction» 5, 1968, pp. 378-382; R.M. Kachur, “Buried in the Bedroom: Bearing Witness to Incest in Poe’s The Tell-Tale Heart“, «Mosaic» 41, 2008/1, pp. 43-59; R. Kopley, “Hawthorne’s Transplanting and Transforming The Tell-Tale Heart“, «Studies in American Fiction» 23, 1995/2, pp. 231-241; E.S. Krappe, “A Possible Source for Poe’s ’The Tell-Tale Heart’ and ’The Black Cat’, American Literature 12, 1940, pp. 84-88; E.W. Pitcher, The Physiognomical Meaning of Poe’s ’The Tell-Tale Heart’, «Studies in Short Fiction» 16, 1979, pp. 231-233; H. Pritchard, “Poe’s ’The Tell-Tale Heart’”, «Explicator» 61, 2003/3, pp. 144-147; E.A. Robinson, “Poe’s ’The Tell-Tale Heart’”, «Nineteenth-Century Fiction» 19, 1965/4, pp. 369-378; B.D. Tucker, “’The Tell-Tale Heart’ and the ’Evil Eye’”, «The Southern Literary Journal» 13, 1981, pp. 92-98; J.S. Williams, A World of Words. Language and Displacement in the Fiction of Edgar Allan Poe, Durham and London: Duke University Press, 1988, pp. 36-44; B. Zimmermann, Edgar Allan Poe, cit., pp. 28-50, pp. 342-353.
4 Il narratore, che soffre di crisi nervose per sua stessa ammissione, racconta la storia in prima persona in modo agitato e frenetico, passando di continuo da affermazioni apparentemente lucide e calme ad altre il cui impeto, velocità e irrazionalità tradiscono la sua follia.
5 Le edizioni a cui si farà riferimento sono: E.A. Poe, Racconti del Terrore, traduzione di E. Vittorini, Milano: Arnoldo Mondadori Editore, 1985, pp. 236-242 3 E.A. Poe, I Racconti, traduzione di G. Manganelli, Torino: Einaudi, 1983, pp. 360-364. In particolare, Giorgio Manganelli è considerato il traduttore per eccellenza delle opere di Poe e quando, nel 1983, uscì la sua traduzione dei Racconti, Italo Calvino su «la Repubblica» salutò l’opera di Manganelli come un nuovo capolavoro della letteratura italiana, una meraviglia confrontabile con la celeberrima Iliade tradotta da Vincenzo Monti (I. Calvino, “Edgar Allan Manganelli”, «la Repubblica», 9 dicembre 1983).
6 Tra gli altri si segnalano J. Church, “To Make Venus Vanish: Mysogyny ad Motive in Poe’s ’Murders in the Rue Morgue’”, «The American Transcendental Quarterly» 20, 2006, pp. 407-418; M. Elbert, “Poe and Hawthorne as Women’s Amanuenses”, «Poe Studies» 37, 2004, pp. 21-27; D. Keetley, “Pregnat Women and Envious Men in ’Morella’, ’Berenice?, ’Ligeia’, and ’The Fall of the House of Usher’”, «Poe Studies» 38, 2005, pp. 1-16; K. Weekes, “Poe’s Feminine Ideal”. in K.J. Hayes (ed.), The Cambridge Companion to Edgar Allan Poe, Cambridge: Cambridge University Press, pp. 148-162.
7 E. Gutierrez-Zamano, “Discent into a Masculine, Allergorical Space: Gender in Edgar Allan Poe’s No-Tell Tales”, https://studiesingothicfiction.weebly.com/uploads/2/2/8/8/22885250/studies_v2_issue_2.pdf, 2012.
8 L. Papadaki, “What is Objectification?”, Journal of Moral Philosophy 7, 2010, p. 21.
9 Alcuni critici hanno ipotizzato l’appartenenza del narratore al sesso femminile e, in particolare, Rajan, basandosi sulle teorie di Freud, Lacan e Cixous, propone una rilettura del racconto sostenendo: “Poe himself necer indicates that the narrator is male; in fact, his text offers no gender markings. Readers have assumed that the narrator is male because a neutralized and unmarked term is generally granted to be male. this is a trap that the language of the tale innocuously lays before the reader. By positing a femal narrator, I propose to dislodge the earlier, patriarchal notion of a male narrator for thr story. I argue, instead, that a gender-marked rereading of this tale reveals the narrator’s exploration of her femal situation in a particular feminist discourse. My feminist reading of “The Tell-Tale Heart” profiles the identity of the narrator as filtered through Freud’s, Lacan’s, and Cixous’s theories of narrativity”. G. Rajan, “A Feminist Rereading of Poe’s ’The Tell-Tale Heart’”, in H. Bloom (ed.) Edgar Allan Poe’s “The Tell-Tale Heart” and Other Stories, Nerw York: Chelsea House Pub., 2009, pp. 39-54.
10 Solo a partire dagli anni Sessanta del Novecento, grazie al Women’s Liberation Movement nato negli Stati Uniti si cominciò a discutere del sessismo linguistico e si cominciarono a coniare parole che facessero esplicito riferimento alle donne (“chairwoman”, “policewoman”, ecc.). L. Xiaolan, “Sexism in Language”, «Journal of Language and Linguistics» 5, 2006/1, Shakespeare Centre limited Press, p. 90.
11 U. Eco, Dire quasi la stessa cosa, Milano: Bompiani, 2003, p. 112.
12 Qui va segnalata una svista traduttiva da parte di Vittorini. Nella frase “I showed them his treasures, secure, undisturbed” gli aggettivi “secure” e “undisturbed” sono attributi del soggetto “I”, invece Vittorini li considera erroneamente riferiti a “treasures”.
13 Zimmermann illustra in modo chiaro lo stile di Poe nel racconto: “Poe dramatizes the madman’s shift from calmness to hysteria by the increased use of such rhetorical devices as repetition (diacope, epizeuxis, ploce), exclamations, emphatic utterances (italics) and the dash”. B. Zimmermann, Edgar Allan Poe, cit., p. 346.
14 A questo proposito Newmark sostiene che tradurre è “rendering the meaning of a text into another language in the way the author intended the text” aggiungendo, riguardo allo stile, “if the text is written in a style, you can’t change it” e che proprio uno degli errori più ricorrenti da parte dei traduttori è quello di adottare uno stile diverso rispetto a quello dell’autore. P. Newmark, A Textbook of Translation, London, Longman, 1988, o. 5.
15 E.A. Poe, I racconti, cit., p. xli.
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