Le traduzioni dei racconti di Edgar Allan Poe

Breve confronto fra Giorgio Manganelli e Maria Gallone

Non c’è dubbio che ogni autore, per essere apprezzato a dovere, andrebbe letto nella lingua originale. Questo vale anche per il nostro Poe; ma la lingua inglese e le sue varianti, per essere comprese appieno, necessitano di una conoscenza approfondita, non solo a livello scolastico, che non molti hanno.

Basti pensare ad Elio Vittorini, insieme a Manganelli il più illustre traduttore di Poe in italiano, che per ogni testo di Poe, prima di scrivere la sua traduzione, leggeva quella, rigorosamente letterale, che aveva commissionato alla Sig.ra Lucia Morpurgo Rodocanachi (v. ad esempio Federica Vincenzi, Tesi: Giorgio Manganelli e la traduzione, IULM 2017).

Quindi il ruolo della traduzione è estremamente importante.

Abbiamo delle buone traduzioni parziali o totali in italiano, cronologicamente prima fra tutte quella del Maineri, dallo stile un po’ antiquato ma ben fatta, quella di Delfino Cinelli ed Elio Vittorini, quella di Maria Gallone, di Giorgio Manganelli, e tante altre.

La traduzione di Giorgio Manganelli

Voglio soffermarmi su quella di Manganelli del 1983, da molti considerata la migliore. Fa riferimento la citata tesi della Sig.ra Vincenzi, che confronta lo stile di Manganelli con quello di altri traduttori. Al di là però dello stile letterario, che è comunque importantissimo, conta soprattutto la correttezza della traduzione, che non deve travisare il significato originale.

In Manganelli, a parte lo stile su cui non voglio discutere rimandando per approfondimenti alla tesi sopra citata, ho rilevato un autentico “sfondone” nella traduzione di “The Purloined Letter” (La lettera rubata, trad. Gallone; La lettera trafugata, trad. Manganelli): tanto più grave in quanto si tratta di uno dei racconti più noti, con frasi divenute proverbiali.

Proprio ad una di queste mi riferisco, al gustoso aneddoto sul medico Abernethy, in cui si narra di uno scroccone che vuole avere gratis una ricetta dal famoso medico:

“We will suppose” said the miser “that the symptoms are such and such; now, doctor, what would you have directed him to take?”
“Take!” said Abernethy, “why, take advice, to be sure.”

Che in italiano Maria Gallone traduce correttamente così:

“Supponiamo” disse l’avaro “che i sintomi siano così e così; che cosa gli consiglierebbe lei di pigliare?”
“Pigliare?” replicò Abernethy “ma che pigli consiglio, si capisce!”

Anche tutti gli altri traduttori, per quanto ne so, traducono correttamente in maniera analoga; il solo Manganelli, incredibilmente, traduce:

“Supponiamo” disse l’avaro “che avesse questi e questi sintomi; dottore, voi che cosa gli dareste?”
“Dargli?” disse Abernethy “beh, gli darei un consiglio, ecco!”

Risposta priva di significato, che stravolge completamente il senso della celebre arguzia, divenuta proverbiale e citata spesso.

Di questo abbaglio non si trova traccia da nessuna parte, neanche nella approfondita tesi della Sig.ra Vincenzi. Immagino che, vista la statura di Manganelli, nessuno abbia voluto macchiarsi di un reato di lesa maestà.

Io provai più volte a contattare la casa editrice consigliando una correzione, ma… vox clamantis in deserto. Peccato, perché viene guastato un aneddoto divertente in un racconto famoso. E, per giunta, pubblicato (dopo la prima traduzione del 1983 nella serie Einaudi “Scrittori tradotti da scrittori”) nel 1990 in una collana tra le più belle e lussuose, “I millenni” di Einaudi.

La traduzione di Maria Gallone

Fra le traduzioni, a tutte preferisco di gran lunga quella di Maria Gallone, traduttrice semisconosciuta su cui non sono riuscito a trovare notizie, ma che sovrasta di un bel pezzo tutte le altre. Basta leggere i titoli per capire che ci troviamo di fronte ad una sensibilità diversa: ad esempio, quanto è più adeguato “Le esequie premature”, trad. Gallone, rispetto a “La sepoltura prematura”, trad. Manganelli, o a “Il seppellimento prematuro”, trad. Vittorini!).

Riguardo alla traduzione vera e propria, riporto come esempio l’‘esergo’ di Ligeia; si tratta di una citazione di Joseph Glanvill, scrittore e filosofo inglese, in cui si parla di come sia forte la volontà umana: inizia con

And the will therein lieth, which dieth not.

La Gallone traduce correttamente:

E la volontà consiste in ciò: che non muore.

Non starò, per amor di patria, a riportare quel che scrivono gli altri traduttori, Manganelli compreso. Nessuno di loro ha saputo rendere il concetto del Glanvill (che era anche un sacerdote) che «la volontà ha la caratteristica di non morire». Certamente ci sarà chi ha tradotto correttamente, oltre alla Gallone, ma non mi è noto.

Quali traduzioni di Poe scegliere?

Quindi concludo queste mie osservazioni invitando chi si accosta a Poe per la prima volta (o anche dopo) di servirsi del testo tradotto da Maria Gallone a partire dal 1949.

Un tempo c’era un bellissimo cofanetto della BUR con cinque volumetti rilegati: Racconti del mistero, Racconti del terrore, Racconti dell’incubo, Racconti dell’impossibile, Storia di Gordon Pym. Ora è difficile trovarlo, ma credo che la Rizzoli continui ancora a stampare la sua edizione di Poe, che consiglio a tutti senza mezzi termini.

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