Il corvo

La poesia pubblicata sull'«American Review» nel febbraio 1845

Mentre, debole e stanco, verso la mezzanotte

scorrea d’antico libro pagine strane e dotte

sonnecchiando, ad un tratto come un picchio ascoltai,

un lieve, un gentil picchio de la mia stanza all’uscio.

– È qualcuno che picchia de la mia stanza all’uscio,

e non altro, – pensai.

Ricordo. Era il dicembre freddo, e ogni tizzo lento

si spegnea disegnando l’ombra sul pavimento.

Il dì solo anelavo – dacchè invano cercai

oblio nei libri al duolo per la morta Leonora –

per te, raggiante vergine, che in ciel chiaman Leonora,

e qui nome non hai.

E il triste incerto fremito de le rosse cortine

tema ignota e fantastica m’incutea senza fine,

sì che, a calmare i battiti del cuore, io mi levai;

indi: – È qualcun che picchia de la mia stanza all’uscio,

qualcun che varcar vuole de la mia stanza l’uscio,

non altro, – mormorai.

Calmato allor lo spirito, senza esitare ancora:

– Da voi perdono imploro, signor – dissi – o signora;

ma il fatto è che dormivo, e voi pur piano assai

picchiaste, così lieve della mia stanza a l’uscio,

che avervi udito appena mi pare. – Ed aprii l’uscio;

ma sol bujo trovai.

Dubbio e timor nel bujo m’assalsero, e stupito

restai, sogni seguendo che mai uomo ha seguito;

ma ognor silenzio e tenebre intorno a me scrutai,

sol bisbigliossi un motto, il nome di Leonora!

Lo dissi io stesso, e l’eco rimormorò: Leonora!

Sol questo e nulla mai.

Tornando nella camera con lo spirito agitato,

ecco il picchio ripetersi d’un tratto e più spiccato.

– Oh! certo è a la finestra che battono, – esclamai, –

è là, su la persiana; scopriamo un tal mistero…

tregua un istante, o cuore; scopriamo un tal mistero…

Sarà il vento, – pensai.

A spalancar le imposte mossi, e, agitando l’ale,

entrò un bel corvo antico in aria trionfale.

Non fe’ saluto alcuno, arrestossi mai,

finché, come un padrone, posò lì sopra l’uscio,

di Pallade su un busto, proprio lì sopra a l’uscio.

Fermossi e l’osservai.

E allor lassù mirando quel nero uccello assiso,

il suo grave contegno mi diè lieve un sorriso.

– Rasa hai la cresta, – dissi, – ma un vinto non sarai.

Corvo spettral che vieni tristo dai regni bui,

parla, qual’ è il tuo nome, laggiù nei regni bui?

E il corvo: Non più mai!

Gran meraviglia io m’ebbi quell’uccello ad udire,

benché il motto sì incerto poco volesse dire;

ma pur quella fantastica parvenza io l’accettai,

poiché vedea l’uccello giù, al di sopra dell’uscio,

bestia o uccello, sul busto giù al di sopra dell’uscio,

col nome: Non più mai!

Ma non disse oltre il corvo, fermo sul busto e assorto,

come se pronunziando quel motto ei fosse morto.

Nulla s’intese, e alcuna piuma non mosse mai,

infin ch’io ripetei: – Altri fuggiron via;

ei pur n’andrà siccome le mie speranze via.

E l’uccello: Non mai!

Atterrito da l’arida risposta così adatta:

– Oh, senza dubbio – dissi – d’un corvo qui si tratta,

al quale un infelice padron stretto ne’ guai,

cantando con le lugubri nenie le sue meschine

speranze, in ritornello avrà insegnato alfine

quel triste: Non più mai!

E poiché l’alma al riso moveami ancor l’aspetto

del corvo, il seggiolone volsi a lui dirimpetto,

e tosto dietro a innumeri fantasie mi lanciai

per saper che volesse quel triste antico uccello,

quello sgraziato e magro, spettrale antico uccello

dir con il suo Non mai!

Così fantasticando stetti, senza parlare;

ma dai suoi occhi il cuore io mi sentia bruciare;

un pezzo stetti, e il capo sul velluto appoggiai

del sedil, che la lampada irradiava da l’alto,

la violacea stoffa irradiata da l’alto,

ch’Ella ha lasciato ormai.

Allor dei passi d’angeli udir mi parve e denso

L’aere intorno farsi d’indivisibile incenso.

– Malvagio, a mezzo d’angeli ti manda Iddio, – gridai –

riposo da le assidue memorie di Leonora;

bevi l’oblio, dimentica la perduta Leonora!

Disse il corvo: Non mai!

Profeta, – io feci, – e sempre tal, sia uccello o infido

spettro, ti spinga l’Erebo o la tempesta al lido, –

tu che su questa terra desolata ten vai,

per la mia tetra casa; dimmi schietto, t’imploro:

v’è pace almeno in Galaad?…dimmi, dimmi, t’imploro!

E il corvo: Non più mai!

Profeta – io ripetetti, – sia uccello o spettro errante –

Dimmi, pel Dio che adori, per quel ciel scintillante:

potrà in un Eden lunge l’anima triste assai

trovar la dolce vergine che chiamano Leonora,

la vergine che gli angeli ora chiaman Leonora?

Disse il corvo: Più mai!

Demone o uccello, parti, – proruppi allora, – ai boschi

torna, fra le tempeste, di Pluto ai regni foschi,

né una penna in ricordo di quel che detto or hai

resti! a la solitudine mi lascia, e sgombra via

dal busto! Oh, il becco levami dal core, e sgombra via!

Disse il corvo: Non mai!

E là, senza più muoversi, rimane esso a guardare,

fermo sul busto pallido, de l’uscio al limitare.

Sembrano di sognante demoni gli occhi, e i rai

del lume ognor disegnano l’ombra sul pavimento,

né l’alma da quell’ombra lunga sul pavimento

sarà libera mai!

Traduzione di Francesco Contaldi (1865-1903).

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Scrivo testi per il web e correggo bozze di manoscritti. Scrivo anche sul mio blog «Penna blu» e sull’aerosito ufficiale di F.T. Marinetti.

24 Commenti

  1. Dopo avre attentamente letto e riletto queste iluminanti righe, il mio pensiero volge a conclusione che l’effetto di rileggere più volte di seguito questa poesia è la stessa sensazione che lascia quando la si legge la prima volta. Non ho saputo che dire a me stessa, non un cenno dinnanzi al mio computer, solo la voglia di lasciare un commento che illustrasse a chi di dovere il mio assoluto rispetto e la mia più devota stima nei riguardi del Maestro Edgar Alan Poe. Grazie.

  2. E la poesia che amo di più. Mete i brividi; Un amore spezzato con la morte di lei.. fa riflettere, fa commuovere, fa pensare, mette malinconia. e tutto quello che amo in un racconto!

  3. Davvero stupenda questa poesia, anche se forse quel “Nevermore” tradotto con “Non più mai” fa meno effetto… e la cosa stupenda è sapere che questa poesie è stata scritta non col cuore, come dovrebbe fare ogni poeta, ma con l’intelletto (sul libro delle poesie di Poe, lo stesso Poe ci dice come l’ha scritta) e fa capire come la mente di questo immenso poeta/scrittore fosse davvero eccelsa. Grazie Edgar!

  4. Sulla faccenda delle affermazioni di Poe c’è da stare attenti a prenderle troppo per vere… c’era un dibattito a tal proposito, tra il Poe freddo calcolatore (ci dice come ha creato i suoi versi per filo e per segno) ed il Poe che volutamente getterebbe “fango” sulle origini poetiche dei suoi versi….

    Sul nevermore concordo che la sua traduzione non più mai non rende ma nessun altra lingua potrà mai rendere i valori fonosillabici dell’inglese, e quindi (come in tutte le traduzioni poetiche, e non solo) c’è da rassegnarsi… metrica o significato? C’è però da render atto a questa traduzione che porta noi lettori un pò indietro… traduzione che suona classicheggiante e ci fa sentire odore di poeti del XIX secolo italiani, così da cercare di farci assaporare la realtà del tempo, una specie di traduzione source oriented… l’unica cosa da fare per godersi un’opera a pieno? LEGGERE IN LINGUA ORIGINALE.

  5. …in lingua originale e’ un altra cosa.
    E’ stupenda: il ritmo, la cadenza, la perfezione, le ridondanze… geniale.

    Questa traduzione non rende giustizia, a mio avviso, comunque.
    “Profeta – io ripetetti, – sia uccello o spettro errante –
    Dimmi, pel Dio che adori, per quel ciel scintillante:
    potrà in un Eden lunge l’anima triste assai
    trovar la dolce vergine che chiamano Leonora,
    la vergine che gli angeli ora chiaman Leonora?”
    Invece e’:
    “Prophet!” said I, “thing of evil — prophet still, if bird or devil!
    By that Heaven that bends above us — by that God we both adore —
    Tell this soul with sorrow laden if, within the distant Aidenn,
    It shall clasp a sainted maiden whom the angels name Lenore —
    Clasp a rare and radiant maiden whom the angels name Lenore.”

    …saluti…

    p.s.: …la musicalita’ del testo… e’ impareggiabile.

    Marco

  6. La bellezza di questa poesia è, senza ombra di dubbio, determinata dalla finezza dei versi e dalla capacità di creare un ritmo incalzante e conivolgente per poi passare a toni più rilassati che, pur rendendo la lettura più calma, preparano il lettore a ciò che sta per accadere. Ho letto questa poesia in italiano ed in inglese (preferisco in inglese) parecchie volte e non mi sono mai stancato della sua bellezza.

  7. Conoscevo questa poesia, l’ho letta nella versione della Newton, e ora l’ho appena letta nell’originale versione inglese, e in lingua originale è un capolavoro di metrica e di musicalità, l’assonanza tra le parole predomina praticamente in ogni verso.
    Molto bella.

  8. A proposito del suono che ha in lingua originale, vorrei portare la vostra attenzione sull’uso ripetuto di consonanti come la R e la V e vocali come la U e la O, in letteratura tradizionalmente ritenute “macabre”. Questo aiuta a ottenere l’effetto di estrema cupezza del componimento. Per quanto riguarda la traduzione di “nevermore”, io preferisco “mai più” per una questione di fluidità del verso, ma conocordo con Matteo che le traduzioni sono sempre un compromesso…

  9. In lingua inglese, “Nevermore” si traduce “Giammai”, mentre “Never More” si traduce “Mai Più”…difatti, “Nevermore”, si usa quasi esclusivamente in componimenti poetici (come nelle opere di Shakespeare).
    Inoltre, E. A. Poe non era propriamente uno scrittore “Gotico”, in quanto il termine “Gotico”, si riferisce propriamente all’ambientazione di architettura Medioevale… (che nelle opere di questo scrittore, a mio parere Decadentista, sono quasi totalmente assenti), e non allo stile “Noir” che, indubbiamente, si può dire sia stato inventato da lui (e proseguito da Arthur Conan Doyle e Robert L. Stevenson, tra gli altri).
    Il “Corvo” è una splendida esternazione razionale dell’impossibilità di “metabolizzare” il senso di perdita (lutti, addii, ecc.) che affligge l’essere umano, dalla notte dei tempi.

  10. Anch’io preferisco giammai, inoltre, tempo fa, avevo intravisto le opere di E. A. Poe riscritte da Giorgio Manganelli, peccato essermi perso quel libro.
    ciao

  11. Una poesia dalla musicalità inebriante, coperta da un velo di mistero e romanticismo.
    Non posso che inchinarmi di fronte alla magnificenza del testo e del grande maestro Edgar Allan Poe.

  12. Salve, amici, sono un neoblogger (oggi finisco il primo anno pieno). Avevo scritto (lo so, lo so … si deve dire “postato”, ma non mi piace!) ieri un post con “un po’” di letteratura inglese, quella che ricordavo dal ginnasio ed ecco che un mio lettore ha inserito la “provocazione” del The raven. Provocazione, quasi una sfida, tanti i sentimenti (e la loro intensità) e le figure che evoca, lui che era un giallista, soprattutto. Provocazione, come per dire, “Poeti, attenti … ci sono anch’io! E come se ci sono!”. La sua poesia va letta ed apprezzata in lingua originale. Anche se non conoscete bene l’inglese, studiatela più volte ed alla fine leggetela: solo così potrete gustarla appieno. Se qualcuno poi, ben più competente di me su questo Autore, vorrà intervenire sul mio post di ieri 4 dicembre, bè … sarà il benvenuto! In ogni caso, complimenti al traduttore e … grazie per l’ospitalità!

  13. “by that God we both adore” —> “pel Dio che adori”

    Perché non “per il Dio che entrambi adoriamo”?

    Questa è solo una delle idiosincrasie presenti nella traduzione dall’originale. Sicuramente la musicalità della lingua originale è irraggiungibile, ma ci sono traduzioni a mio avviso migliori.

  14. la prima volta che sentivo questa poesia fu una puntata dei simpson e il sottofondo musicale mi ha fatto battere il cuore a mille e quando la leggevo ero rimasta rapita dal modo di scrivere di cui Edgar scriveva e dagli ultimi versi “Sembrano di sognante demoni gli occhi, e i rai

    del lume ognor disegnano l’ombra sul pavimento,

    né l’alma da quell’ombra lunga sul pavimento

    sarà libera mai!” Fu una delle poesie più belle del mondo

  15. Se solo fosse tradotta correttamente avrebbe tutto un altro effetto. Nevermore significa “mai più” anche i bambini lo sanno e nella poesia in lingua originale l’ affermazione non cambia mai. Le cose vanno fatte bene se no è meglio non farle

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