La caduta della casa Usher

Locandina del filmIl signor Usher dipinge continuamente il ritratto della bella moglie Madeleine. Quando però la donna muore, il marito decide di non seppellirla, lasciandola quindi nella bara, chiusa solo da un sottile e leggero velo. Durante una notte di tempesta però, la bara viene rovesciata da una forte folata di vento. Per uno scherzo (o punizione) del destino cadono anche i candelabri che illuminavano fiocamente la stanza. L’edificio prende fuoco e la sua rovina è inevitabile. Intanto dal dipinto è scomparsa misteriosamente la figura della donna.

Il regista (ma soprattutto teorico del cinema) Jean Epstein con questo “La caduta della casa Usher”, fonde alcuni dei racconti più famosi di Edgar Allan Poe. Tra questi possiamo riconoscere innanzitutto “La caduta della casa Usher” da cui il film prende il titolo e sulle cui vicende si snoda la sceneggiatura; a questo titolo seguono anche quelli de “Il ritratto ovale” e “Ligeia”. Sebbene la trama sia ricca di spunti narrativi (letterari e cinematografici) Epstein decide di non puntare prevalentemente sulla narrazione di una storia, quanto di trasmettere inquietudini e stati d’animo attraverso tecniche di ripresa e montaggio. In questo modo Epstein non solo riesce ad essere fedele alla storia di Poe, ma riesce ad andare oltre, trasmettendo all’oggetto-immagine la stessa forza evocativa che Poe aveva trasmesso all’oggetto-parola. Ne esce fuori un film inquietante, evocativo, totalmente dedicato ad un’elaborazione dell’immagine e della tecnica cinematografica ai fini di fare aderire i due oggetti alla trama. L’utilizzo del ralenti crea una certa suggestione nello spettatore, volto a cogliere movimenti originariamente impercettibili (come quello di un velo mosso dal vento) e ora trasformati in pesanti ma leggiadri pesi mossi da presenze che hanno le stesse volatili sembianze di quella folata di vento.

“La caduta della casa Usher”, realizzata da Epstein anche con l’ausilio di un giovane Luis Bunuel qui nelle vesti di aiuto-regista, risulta essere un film carico di unno sperimentalismo mai fine a se stesso, che cerca di indagare sulla macchina-cinema in funzione di una narrazione dell’immagine. Le didascalie non parlano, sono le immagini a farlo per loro.

  • Titolo originale: La chute de la maison Usher
  • Francia/Usa, 1928 – 63′
  • Regia: Jean Epstein
  • Sceneggiatura: Luis Bunuel, Jean Epstein
  • Cast: Jean Debucourt, Marguerite Gance, Charles Lamy

Recensione inserita per concessione del sito Pellicola Scaduta.

Informazioni su Daniele Imperi 643 Articoli
Scrivo testi per il web e correggo bozze di manoscritti. Scrivo anche sul mio blog «Penna blu» e sull’aerosito ufficiale di F.T. Marinetti.

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