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Il racconto di Poe “Il cuore rivelatore” (“The Tell-Tale Heart”, 1843), monologo drammatico, si basa su una delle superstizioni popolari, il Malocchio (Evil Eye), di cui Poe probabilmente sentì parlare quando era di stanza a Fort Moultrie, nella Carolina meridionale, dove i neri a volte portavano un castagna (buckeye, noce dell’ippocastano) come protezione.
Poe basò la trama del suo racconto su due fonti letterarie. L’ispirazione principale provenne dall’omicidio del capitano Joseph White, a Salem, in Massachusetts, avvenuto la notte del 6 aprile 1830. Poe lesse il resoconto del pubblico ministero Daniel Webster, che scrisse:
An aged man, without an enemy in the world, in his own house, and in his own bed, is made the victim of a butcherly murder, for mere pay. Truly, here is a new lesson for painters and poets.
Poe raccolse la sfida.
La prima fonte del racconto
La sera del 6 aprile 1830 fu ucciso il capitano Joseph White, ricco armatore e commerciante in pensione, a Salem, Massachusetts, al numero 128 di Essex Street. Aveva 82 anni.
Quella notte, il capitano White si era coricato più tardi del suo solito, verso le 21:40.
White viveva con la nipote e governante Mary Beckford, con Benjamin White, un lontano parente, e con la domestica Lydia Kimball. La figlia della Beckford, anch’ella di nome Mary, era sposata con Joseph Jenkins Knapp Jr., che lavorava per il capitano: la coppia viveva a Wenham, una città vicina.
White detestava Knapp, ritenendolo un “vagabondo, codardo, cacciatore di fortuna”. Quando la pronipote sposò Knapp, White la diseredò e licenziò il marito.
La scoperta del cadavere
Fu Benjamin White a scoprire il corpo senza vita di Joseph White, la mattina del 7 aprile alle 6:00. Sul retro del piano terra una finestra era aperta e c’era una tavola appoggiata contro.
In quella stanza White teneva una cassa di ferro che conteneva monete d’oro, e altri oggetti di valore erano presenti in casa, ma a quanto pareva nulla era stato rubato. Benjamin, allarmato, chiamò Lydia Kimball e poi si recò al secondo piano, dove trovò aperta anche la porta della camera del capitano.
Joseph White era disteso sul letto diagonalmente, sul fianco destro. Sulla tempia sinistra era visibile il segno di un durissimo colpo e vicino al cuore c’erano numerose ferite.
Stephen White, nipote del capitano e membro della legislatura del Massachusetts, chiamò il dottor Samuel Johnson e William Ward, commesso e assistente del capitano.
Fu Ward a scoprire due impronte fangose vicino alla tavola appoggiata alla finestra aperta. Ebbe la buona idea di coprirle con una bacinella di latte per ripararle dalla nebbia.
Nel frattempo il dottor Johnson eseguì un esame superficiale del corpo, concludendo che la morte era avvenuta tre o quattro ore prima.
L’autopsia venne eseguita dal dottore davanti a una “giuria del coroner” composta da cittadini locali. Johnson rilevò 13 ferite da taglio: “cinque ferite nella regione del cuore, tre davanti al capezzolo sinistro e cinque altre più arretrate, come se il braccio fosse stato sollevato e lo strumento avesse colpito dal basso”.
Secondo Johnson tutte le ferite provenivano dalla medesima arma, quindi doveva esserci un unico assassino. Sostenne anche che fu il colpo alla testa a uccidere il capitano, rallentando la circolazione.
La condanna
Al processo il pubblico ministero fu rappresentato dal famoso avvocato e deputato Daniel Webster, la cui argomentazione fu pubblicata come opuscolo a Salem quello stesso anno.
Secondo Webster, John Francis Knapp assunse Richard Crowninshield, Jr., di Danvers, per rapinare e uccidere Joseph White la notte del 6 aprile 1830. I criminali furono arrestati e Crowninshield si suicidò, ma Knapp fu processato dal 20 luglio al 20 agosto 1830 e infine condannato.
Le due impronte di scarpe sul pavimento della stanza da letto furono infatti identificate come quelle di Richard Crowninshield, il quale, arrestato, confessò il crimine, dicendo di essere stato assunto da Knapp per uccidere White.
Knapp fu impiccato il 21 agosto 1830.
La seconda fonte del racconto
Fu Edith S. Krappe a segnalare questa seconda fonte letteraria per il racconto “Il cuore rivelatore”, su «American Literature» del marzo 1940: il racconto “A Confession Found in a Prison in the Time of Charles the Second” di Dickens, pubblicato nel 1841.
Nel racconto, ambientato alla fine del XVII secolo, un soldato in pensione adotta suo nipote e viene perseguitato dallo sguardo del ragazzo. Questa fissazione lo farà precipitare nella follia e lo porterà a complottarne l’omicidio.
Il soldato seppellisce il corpo in giardino. Quattro giorni dopo riceve la visita di un suo vecchio amico, che arriva insieme a un’altra persona. Il soldato gli offre un rinfresco in giardino, posizionando il tavolo e le sedie sul punto in cui è sepolto il ragazzo.
Accade però che due segugi, sfuggiti al padrone nelle vicinanze, irrompano nel giardino, mettendosi ad annusare proprio là dove è sepolto il cadavere. Nonostante l’azione dei cani, il soldato non si sposta dalla sua posizione e il visitatore sconosciuto intuisce che ci sia qualcosa sepolto in quel punto.
I due trattengono così il soldato mentre i cani scavano, facendo scoprire il suo terribile segreto.
L’originalità del racconto di Poe
Della prima fonte Poe ha preso il personaggio anziano, della seconda il seppellimento, la scoperta del cadavere e la confessione dell’assassino. L’occhio, il suo sguardo malefico, che proviene dalle superstizioni del tempo, è l’elemento scatenante della storia, che porta il protagonista a compiere un omicidio.
Poe riesce a combinare tutti questi elementi creando un capolavoro letterario, concentrandosi sulla psicosi del personaggio: l’assassino, ossessionato dal suono del battito cardiaco della sua vittima sepolta sotto il pavimento e consumato dalla paura, confesserà il suo delitto.
Fonti
- “The 1830 True Murder Behind Poe’s ′The Tell-Tale Heart′” di Kristem Houghton, i dicembre 2016, «Criminal Element»
- “A Murder in Salem” di E.J. Wagner, novembre 2010, «Smithsonian Magazine»
- Edgar Allan Poe (ed. T. O. Mabbott), “The Tell-Tale Heart,” The Collected Works of Edgar Allan Poe — Vol. III: Tales and Sketches (1978), pp. 789-799
- “The Tell-Tale Sign of the Dickensian Influence: Dickens and Poe” di Katie Bell, 29 ottobre 2021, The Dickens Society
A mio parere la più bella storia di Edgar Allan Poe, il delirio paranoico raccontato in modo lucido proprio da chi ne soffre
Sicuramente, per me, una delle più belle. Non ho ancora deciso quale racconto preferisco di Poe. Forse “Berenice” e “Il pozzo e il pendolo”.