George A. Romero e Dario Argento incontrano Edgar Allan Poe. E lo fanno con un film diviso in due dove entrambi propongono la loro lettura di due classici della letteratura di Poe. A Romero è affidato “La verita’ sulla vicenda del signor Valdemar” mentre ad Argento è toccato il più celebre “Il gatto nero”. Entrambi i racconti vengono ambientati dai due autori a Pittsburgh e sono introdotti da qualche breve scena che esplicita il senso del progetto e dove si vedono la casa e la tomba di Poe. Ed un immancabile corvo.
La verità sulla vicenda del signor Valdemar
“Non posso naturalmente considerare sorprendente il fatto che la straordinaria vicenda del signor Valdemar abbia sollevato grandi discussioni; date le circostanze sarebbe stato un miracolo se non lo avesse fatto“.
Romero come Poe è da sempre attratto tra la sottile linea che divide la vita dalla morte. I cadaveri sono templi che se profanati possono arrecare brutte sorprese ma che, se liberati dalle loro catene, riescono a svelarsi in tutta la loro putrescente bellezza. Pur attenendosi principalmente al racconto originale, Romero guarda anche a chi lo ha preceduto, includendo nella trama alcune modifiche apportate da Roger Corman nella sua versione del racconto (contenuta ne “I racconti del terrore” datato 1961). La vicenda romantica inserita da Corman però, qui è venata da una forte critica al dio denaro. Ne è un chiaro esempio l’inquadratura finale dove il sangue dell’ipnotizzatore cola su delle banconote. E se la piramide che compare sui dollari ricorda sin troppo il metronomo (pendolo?) conficcato nel cuore del cadavere, la scritta che la contorna è sin troppo chiara nel suo pessimismo: novus ordo seclorum (il nuovo ordine del tempo). Romero conferma la sua propensione alla lettura critica e politica dell’horror, mantenendo sempre alto il suo livello di regia. Non e’ paura quella che ci fa provare Romero, ma angoscia. Il nostro mondo e’ popolato da zombie. E lo siamo anche noi. Recitazione e colonna sonora sotto la media.
“Sul letto, davanti a tutti noi, giaceva una massa quasi liquida di disgustoso, repellente putridume“.
Il gatto nero
“Per il più folle e insieme più semplice racconto che mi accingo a scrivere, non mi aspetto né sollecito né credito alcuno“.
Ammetto di non essere proprio un amante del cinema di Dario Argento. Questo mediometraggio non ha fatto altro che confermare le mie opinioni sul regista romano. Argento rilegge ancora più profondamente il racconto di Poe, spogliandolo della sua vena claustrofobica e terrificante per rivestirlo dei panni tanto cari ad Argento: violenza, voyerismo e un certo gusto per il gore e lo splatter. Peccato che lo snaturi così tanto da non lasciare neppure la minima dose di angoscia, di terrore, di paura. Secondo Argento ad essere terrificanti sono le immagini violente, il sangue che scorre, la carne dilaniata. Per Poe sono la pazzia dell’uomo, il confine invisibile tra realtà e illusione, la carne putrefatta. Per noi spettatori invece ad essere terrificante è la regia di Argento, che conferma la sua capacità di costruire l’immagine e, al contempo, la sua incapacità di renderla coerente con la struttura narrativa (ne e’ un esempio l’inutile soggettiva del gatto). Alcune scelte nella sceneggitura poi appaiono piuttosto sempliciotte, come ad esempio chiamare il protagonista Usher, proprio come la famiglia di un famoso racconto di Poe, “La caduta di casa Usher”. Harvey Keitel cerca di fare il folle ma non ci riesce, penalizzato anche dal doppiaggio di Ferruccio Amendola che è un pò troppo “DeNirizzato”. La colonna sonora di Pino Donaggio si impone sulle immagini ma non colpisce di certo per la sua bellezza.
“Avevo murato il mostro dentro la tomba“.
- Titolo originale: Due occhi diabolici
- Italia/Usa, 1990 – 120′
- Regia: Dario Argento, George A. Romero
- Sceneggiatura: Dario Argento, Franco Ferrini, George A. Romero
- Cast: Adrienne Barbeau, Ramy Zada, Harvey Keitel
Recensione inserita per concessione del sito Pellicola Scaduta.
Caspita non riesco a ricordarmi il racconto del signor Valdemar… dopo andrò a controllare!
Il primo episodio di Romero non mi ha molto entusiasmato, inoltre è noioso, con tanta carne al fuoco e alla fine un po’ superficiale, nel secondo mediometraggio del film invece, Dario Argento riesce (grazie ai soliti effetti macabri) a provocare angoscia nello spettatore.