I delitti della Rue Morgue – Recensione

Con questo splendido racconto, diverso da tutti i precedenti scritti, anche se, in un certo senso, si trovano dei punti in comune con L’uomo della folla, comincia il genere poliziesco. Un giallo che contiene elementi di mistero e orrore, ma nulla di soprannaturale.

E’ ancora una volta una storia narrata in prima persona, ma che poi, abilmente, Poe riesce a raccontare attraverso altri punti di vista. L’uso della notizia giornalistica nel racconto sposta la visuale- e quindi la narrazione- altrove, dietro le quinte della scena.

Viene introdotta con astuzia, come una sorta di deus ex machina, che non deve risolvere una situazione, bensì dare lo spunto per l’intera storia. E’ la giustificazione, potremmo dire, del grandioso personaggio introdotto da Poe, Charles Auguste Dupin, e dell’introduzione al racconto, in cui Poe si dilunga sulle capacità analitiche della mente.

Tutto è quindi legato e non è stato scritto a caso, ma appositamente seguendo un filo logico di deduzioni, che da quella introduzione, che sembrava non portare a nulla, pronunciata dal protagonista, si spinge fino a Parigi e alla fortuita conoscenza con Dupin, fino alla notizia letta sul giornale.

La prima persona viene poi diluita a favore di un dialogo che fa apparire la storia più verosimile, come se narrata da una voce esterna. La parola viene ceduta a Dupin, la cui mente sbalordisce nella risoluzione del mistero.

Ma come ha creato questo fantastico personaggio? Poe si è ispirato a Eugene Francois Vidocq (1775-1857), che da criminale divenne poliziotto e infine aprì una sua agenzia investigativa. E Vidocq viene citato nel presente racconto.

A Dupin, inoltre, si ispirò Arthur Conan Doyle, col suo ben famoso Sherlock Holmes, e ne I delitti della Rue Morgue possiamo trovare una scena che compare in alcune storie dell’investigatore inglese.

Poe ha insomma dato il via a una catena di figure letterarie e a un filone narrativo che ancora oggi, dopo quasi 170 anni, è fra i più letti e amati dal pubblico. Poe aveva intuito, forse, il fascino che tutto ciò che è mistero e orrore suscita nel lettore e con questo racconto ha voluto magari lasciare una sorta di eredità ai suoi futuri colleghi.

  • Titolo originale: The Murders in the Rue Morgue
  • Prima pubblicazione: 20 aprile 1841 sul Graham’s Lady’s and Gentleman’s Magazine

I delitti della Rue Morgue come storia probabile

Poe ha tessuto una storia che contiene vari elementi in comune con vari generi narrativi: c’è il giallo e l’orrore, il mistero di forze sconosciute a cui non si può dare un nome, c’è una componente esotica che rende la storia più appetibile- e che sarà ripresa dai suoi successori- c’è la figura stessa del protagonista, Dupin, che non è nessuno, letteralmente, una sorta di antieroe, un personaggio comune ma dotato di una mente eccezionale.

Tutto questo, anche se statisticamente improbabile, ma non troppo, rende la storia unica, ma, per usare lo stesso pensiero di Dupin, la rende vera e reale.

Perché, come Dupin/Poe ci insegna, ciò che accade nel mondo reale, per quanto orribile e strano possa sembrare al pubblico, è comunque verificabile, tangibile, estremamente umano e appartenente al corso naturale delle cose.

Sì, I delitti della Rue Morgue non sono poi tanto diversi da tanti efferati delitti o bizzarri incidenti di cui abbiamo letto- e di cui leggiamo e leggeremo in futuro- sui nostri giornali.

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Scrivo testi per il web e correggo bozze di manoscritti. Scrivo anche sul mio blog «Penna blu» e sull’aerosito ufficiale di F.T. Marinetti.

3 Commenti

  1. E’ indubbiamente il prototipo del genere,anche se agli occhi dei moderni lo stile,potrebbe sembrare troppo farraginoso,rispetto ad altri racconti dell’autore.ma gli elementi classici ci sono tutti,da quelli costituenti il delitto stesso all’esaltazione delle capacità logiche dell’intelletto umano capace di risolvere qalsiasi enigma e che tanta fortuna avranno nella letteratura gialla posteriore.

  2. Un romanzo da brivido. La scena del delitto è raccapricciante, da genere splatter. Dinamiche che ricordano i racconti di Conan Doyle. Improbabile finale ma di effetto e dal sapore un po’ “fumettistico”.

  3. Mi hanno sempre affascinato i “creatori” di emozioni. Suscitare dal nulla un’emozione, negativa o positiva, trovo sia un piccolo grande miracolo. Gli autori del genere giallo poi sono dei superbi conoscitori dei meandri della mente umana. A volte fantastico che viaggino in altre dimensioni e si limitino a descrivere ciò che vedono, per quanto sono realistiche le scene, i meccanismi mentali e le dinamiche descritte. Charlie Chaplin sosteneva che il pubblico vuole vedere storie di carne e di sangue rappresentate in palcoscenico. Percepisco un alcunché di macabro in questa insana attrazione per “carne e sangue”…un istinto ancestrale che emerge dal patrimonio genico e che affonda le sue radici in epoche remote…quando per sopravvivere dovevi uccidere e il sangue altrui era sinonimo di vita per te…Però che suspense!…Da togliere il fiato fino all’ultimo rigo. Mi piace.

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